E lasciai che riscaldasse di sublimi sogni ogni mia lenta notte, come bagliore di luna riflesso in un pozzo. Così da perder il senno, fissandone lo splendore ad occhi fortemente serrati: di quella luce intensa che oscurità non teme e disperde, arrecando sollievo.
Ed è la mia pelle in questa vita, non più un manto corvino o squame di pietra ad essermi corazza. Così da poter gioire d’ogni dolore mortale, ogni ferita che brama il mio sangue e stilla l’unico degno pegno per l’aria che respiro e la certezza che baratterei l’infinito, soltanto per l’istante ch’ella brilla, inconsapevole.
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